Gli anfibi devono far fronte a molte minacce per lo più di origine antropica. Molti sono i fattori a loro avversi: il cambiamento climatico, l’alterazione e la scomparsa degli habitat riproduttivi, l’espansione agricola , l’inquinamento da pesticidi e fertilizzanti, le bonifiche, l’espansione delle aree urbanizzate, la malagestione delle risorse idriche e l’impatto predatorio delle specie alloctone, nonchè specifiche patologie fungine o virali di cui a volte sono portatrici le stesse specie alloctone.

Scomparsa boschi planiziali
Molti anfibi vivono in acqua solo nel periodo riproduttivo mentre il resto della loro vita lo tracorrono nelle zone boscate adiacenti ai siti di riproduzione. Le preziose formazioni forestali planiziali, sono sempre più compromesse, destrutturate e ridotte in estensione e i boschi igrofili e ripariali sono sempre più rari soprattutto a causa del consumo di suolo e dell’espansione agricola, che nelle aree di pianura continuano inarrestabili.

Distruzione habitat riproduttivi
Forse anche a causa della loro ridotta dimensione, le piccole zone umide vengono spesso bonificate, interrate, prosciugate, perché ritenute inutili e improduttive. Vengono quindi trasformati in campi o addirittura assimilate alle aree urbane.

Inquinamento delle acque
L’uso intensivo e incontrollato di sostanze chimiche quali pesticidi, metalli pesanti e fertilizzanti ricchi di azoto può avere effetti diretti e indiretti sulla salute degli anfibi. Questi effetti possono includere la morte, lo sviluppo di malformazioni, la riduzione del successo riproduttivo, l’aumento del rischio di predazione, la diminuzione della competizionee l’abbassamento delle difese immunitarie.
Anche la riduzione della vegetazione acquatica è almeno in parte riconducibile all’utilizzo di diserbanti in agricoltura.

Immisione di specie alloctone
Il gambero rosso della Louisiana, originario del delta del Missisipi , è stato importato in tempi recenti in Europa per scopi ornamentali e alimentari ed è diventato in breve tempo invasivo.
Dove è presente, tende a prendere il sopravvento su altri animali, diventando in pochissimo tempo l’anello più forte della catena ecologica.

Chitridiomicosi
L’innalzamento della temperatura globale favorisce indirettamente la proliferazione e lo sviluppo difunghi epatogeni, quali il temibile fungo Batrachochytrium dendrobatidis, cioèil fungo del chitridio.
La chitridiomicosi, assieme alle patologie di natura virale (Iridovirus, Chloriridovirus, Ranavirus), è uno dei più importanti fattori in grado di spiegare i fenomeni di mortalità di massa di intere popolazioni di Anfibi osservati negli ultimi decenni in varie aree geografiche. Il declino e l’estinzione di numerose specie è stato in diversi casi ricondotto all’incidenza di queste forme patologiche.
Qui di seguito sono riportate le conclusioni del capitolo 3.5.2 ,dedicato agli Anfibi, della pubblicazione di ISPRA: Specie e habitat di interesse comunitario in Italia: distribuzione, stato di conservazione e trend (pag.158)
Per gli anfibi in generale, e per quelli con status di conservazione sfavorevole in particolare, è necessario attivare tutta una serie di misure atte a preservarne le popolazioni e gli habitat, al fine di invertire questa tendenza. Le pressioni che attualmente insistono sul territorio italiano, e che riguardano in prevalenza le alterazioni degli habitat e la diffusione di specie esotiche, andrebbero mitigate con progetti specifici di miglioramento ambientale e compensate sia incrementando il numero di siti riproduttivi, sia aumentando la disponibilità di ambienti terrestri, ma anche favorendo la connessione tra ambienti terrestri ed acquatici. Di estrema importanza sarebbe la contestuale attivazione di progetti efficaci di eradicazione di specie aliene invasive o problematiche,come peraltro previsto dalla normativa nazionale (DPR n. 357/1997 e s.m.i.), anche perché a questo fenomeno è spesso associata l’introduzione di patogeni molto virulenti per le specie autoctone.
In conclusione, lo stato di conservazione negativo in cui versa circa il 40% degli anfibi italianiin Direttiva Habitat e le minacce che li affliggono sono tante e tali da richiedere l’adozione di un piano d’azione a livello nazionale. Solo una seria presa di coscienza e la volontà, da parte degli enti preposti alla conservazione della biodiversità, di supportare progetti ad ampia scala e azioni di mitigazione e compensazione in aree particolarmente critiche può limitare il declino delle molte specie il cui stato di conservazione appare negativo, ed evitare che alla lista delle specie minacciate se ne aggiungano altre tra quelle che fino ad oggi sono riuscite a mantenersi in condizioni soddisfacenti.